Siamo la generazione della solitudine ?




 Nel 2018 usciva un articolo  su The Economist intitolato "Come ci sente a essere davvero da soli"? , nel testo la giornalista Maggie Fergusson provava a dare una forma, un volto e soprattutto una descrizione sincera, a quella che aveva definito la lebbra del ventunesimo secolo, la solitudine. Niente nella vita di Rebecca da l' idea di essere triste e solitario scriveva la Fergusson, descrivendo dettagliatamente la trentenne di Fulham un quartiere di Londra seduta davanti a lei.

Solo in avanti un' era più avanti sembra che Londra non sia un caso isolato, e che la situazione di Rebecca, potrebbe essere uguale alla nostra, a quella dei nostri figli, dei nostri genitori, e di migliaia di ragazzi adolescenti. Siamo la generazione che sta vivendo la solitudine nel modo più intenso possibile del termine.

Secondo le parole dello psichiatra Diego de Leo, pubblicate su un articolo del Corriere della Sera, sarebbero soprattutto bambini e ragazzi, le giovani, le persone divorziate e gli anziani a soffrire maggiormente di solitudine, mentre studi condotti in varie parti del mondo hanno dimostrato che potrebbe soffrirne il cinquanta percento della popolazione mondiale.

Cosa provoca la solitudine dei ragazzi?

Stando alle dichiarazioni dell' American Psychologist Association, la pandemia ha soprattutto una nuova serie di sfide per i ragazzi negli Stati Uniti, aggravando le crisi della salute mentale.
Ma i bambini e i giovani statunitensi soffrono già di disturbi mentali da molto tempo. Nei 10 anni che hanno preceduto la pandemia, i sentimenti di persistenza e di disperazione così come pensieri legati a tentavi di suicidio sono aumentati di circa il quaranta percento tra i giovani secondo i dati del Centers Disease Control and Preservation's Youth Risk Behavior Survellaince si legge nel report.
Stiamo assistendo a tassi davvero alti di suicidio. Quasi tutti i bambini e gli adolescenti hanno dovuto affrontare negli ultimi tre anni momenti di isolamento sociale, e spesso anche la perdita di un genitore, l' interazione con i coetanei risulta sempre più difficile, il contatto fisico in famiglia talvolta è completamente assente se non addirittura all' limite umano. Spesso l'unica interazione virtuale risulta un filtro per nascondere le proprie emozioni come una maschera, che con il tempo diventano sempre più opache, difficili da decifrare. Ci sentiamo soli e isolati perché semplicemente non riusciamo più a capirci da esseri umani quali siamo.
Nel paese Italia il problema non si restringe solo ai giovani ma anche ai sessantacinquenni, circa il trenta percento delle persone con più di 75 anni dichiara di non avere nessuna persona da riferirsi in caso di bisogno. Solo l' undici percento delle persone dichiara di avere qualcuno su cui contare in caso di bisogno sul sostegno di un vicino di casa dichiara De Leo al corriere. E' una situazione preoccupante, visto che l' Italia figura tra le nazioni con lo sbilanciamento demografico più marcato, con una quota di ultrasettantacinquenni che supera il 25 percento della popolazione totale.

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