PER UNA COMPLIANCE EFFICACE SERVE LA GIURISPRUDENZA COMPORTAMENTALE





 Per gli avvocati, la legge è un oggetto molto speciale. È ciò in cui sono addestrati, ciò che comprendono, praticano e modellano. Quando pensano al comportamento, gli avvocati tendono a presumere che il solo testo della legge sia ciò che guiderà il comportamento umano.

Ignorano in questo processo che gli esseri umani sono dotati di razionalità limitata, quella razionalità ritenuta razionale e costruita con assunti etici e morali che si ritiene comuni e inequivocabili per tutti gli esseri razionali.

Tuttavia, la maggior parte delle persone non ha in mente i minimi dettagli della legge quando prende delle decisioni. Si pensi, ad esempio, a quanti enunciano e pensano alle norme del codice della strada mentre guidano un veicolo. La maggior parte delle persone non conosce il diritto penale, i diritti fondamentali del lavoro o il diritto di famiglia o il diritto specifico della propria professione.

Quindi per una compliance efficace occorre una giurisprudenza comportamentale che richieda una visione meno incentrata sulla legge e le norme e più pratica e negli aggregati umani, o sociali, che tenga conto delle interazioni conseguenti.

Allo stesso modo, la maggior parte della ricerca e dell’istruzione legale e per conseguenza della Compliance si concentra su questioni normative, sviluppando argomentazioni su ciò che la legge è e dovrebbe essere.

Dobbiamo ricordare che qualsiasi aggregato umano con l’insieme delle sue interazioni costituisce un sistema complesso dinamico.

L’approccio tradizionale ignora la questione cruciale dell’efficacia, ovvero capire se le leggi e la loro enunciazione effettivamente garantiscano un comportamento Compliance e di giustizia, che è ciò che conta per la maggior parte delle persone.
Per comprendere come le leggi e le norme si traducano in un senso di giustizia, dobbiamo capire come le norme giuridiche strutturano le motivazioni e le situazioni che modellano il comportamento dei singoli e dei loro aggregati quali sono aziende ed enti.

Abbiamo affermato che qualsiasi aggregato di persone con le sue interazioni costituisce un sistema complesso, pertanto il comportamento dell’aggregato non è riconducibile al comportamento dei singoli ma il comportamento dell’aggregato è qualcosa che emerge dalle interazioni e dai singoli comportamenti. Da qui abbiamo che la Compliance e il comportamento compliance è un fenomeno che emerge dall’insieme di quanto sopra.

Sfortunatamente, nei dibattiti politici sulla legislazione, nelle controversie in tribunale o nelle discussioni della scuola di diritto, tali questioni empiriche spesso esistono solo alla periferia del diritto. Se discussi, non ricevono l’attenzione metodologica e teorica che invece meritano.

Una vera giurisprudenza comportamentale secondo il pensiero sistemico andrebbe oltre una visione normativa del diritto come è oggi concepito per abbracciare anche questioni empiriche di causa ed effetto del diritto (interazioni) di come le persone a loro volta interagiscono con la legge. Una vera giurisprudenza comportamentale sistemica andrebbe oltre una visione meramente normativa del diritto per abbracciare anche questioni empiriche di causa ed effetto sistemico comportamentale del diritto.

Avvocati e politici che danno forma alla legge esercitano un’influenza sproporzionata sul passatoGli avvocati sono formati per interpretare la legge sulla base di casi giudiziari passati e storia legislativa e nel cesello semantico delle norme. Nel contenzioso, gli avvocati si occupano delle responsabilità, quasi sempre del singolo, che ruotano attorno alle controversie dopo che si sono verificate. E i dibattiti sulla nuova legislazione, che cerca di regolare il comportamento futuro, si soffermano su esempi del passato. Ma affinché il diritto adempia alla sua funzione, non può semplicemente reagire a un comportamento dannoso dopo che si è verificato; deve ridurlo e prevenirlo ex ante.

Se aggiungiamo che il comportamento degli aggregati, inquanto sistemi complessi, non è predicibile non è corretto individuare un comportamento difforme nei singoli ma va osservato al complesso, ovvero quale super organismo collettivo. La legge sulla responsabilità delle persone giuridiche, aggregato collettivo di cui si vuole disciplinare e normare il comportamento, dovrebbe stimolare questo approccio sistemico e pensare a tali aggregati come un sistema che con le sue interazioni fa emergere un comportamento compliance o meno rispetto a tali norme e leggi.

La legge deve andare oltre la comprensione di come rispondere al singolo caso e passare all’indagine sugli effetti della legge su un’ampia gamma di casi futuri per prevenire il danno in primo luogo e comprenderlo come risultato emergente del comportamento collettivo. Ciò richiede una comprensione della scienza dei sistemi complessi e del comportamento umano e la sua integrazione nel processo di creazione e revisione della legislazione.

Ci sono già molti esempi di applicazione di un approccio comportamentale e sistemico per la formulazione di norme di legge, i più interessanti sono fatte da parte del governo inglese che una quindicina anni fa istituì il Behavioural Insight Team (BIT), una unità all’inizio posta a riporto diretto del primo ministro, poi resa autonoma e che oggi presta la sua azione di consulenza a vari governi. Per la verità una unità analoga è stata creata anche in Olanda e si è tentato anche in altri Stati ma senza successo.

Nel link(1) che segue, si trovano alcuni rapporti relativi a esperienze pratiche dove spiegano come, agendo sul comportamento umano, hanno ottenuto maggiore compliance ed efficacia nella formulazione di norme di legge. Negli ultimi cinque anni non sono stati molto seguiti dai governi inglesi che infatti hanno fatto molti errori. Qui troviamo molti esempi di applicazione con successo di questo approccio comportamentale sistemico alla compliance da parte del Behavioural Insight Team (BIT)(1).

Il problema emerso è che non è facile da accettare, per i legislatori e i fautori del diritto classico, che gli esseri umani non sono razionali e che serve un approccio sistemico e comportamentale per formulare leggi efficaci diversamente da quanto fatto sino a oggi.

  1. Sistemico: perché qualsiasi aggregato sociale, piccolo come un’impresa o un’organizzazione, o esteso come una nazione, richiede ed è un sistema complesso dinamico quindi non predicibile il cui comportamento collettivo è sempre qualcosa che non è presente nei suoi singoli componenti ma è frutto delle interazioni tra queste.
  2. Comportamentaleperché i soggetti di un aggregato sociale sono esseri umani che ragionano non secondo una logica razionalecome ipotizzano le formulazioni giuridiche. Forse ad alcuni giuristi non piacerà l’approccio che demolisce buona parte delle basi e delle convinzioni della filosofia del diritto oggi ancora prevalente, questa infatti risulta ancora una semplificazione razionalistica che immagina, come in economia, un interlocutore “perfettamente razionale” una sorta di sig. Spock (personaggio della saga Star Treck) che di fatto non esiste nella realtà.

È tempo di una rivoluzione sistemica e comportamentale nel campo del diritto. È ora che il nostro sistema comportamentale più importante operi con una base di conoscenze e prove adeguate al suo compito. È tempo di una giurisprudenza lasci le vecchie e ansiolitiche norme scritte secondo una logica riduzionistica e causa effetto lineare e abbracci la complessità e la sua scienza e consideri la scienza comportamentale. Occorre quindi un movimento che faccia leva sugli approcci empirici alla legge, alla scienza della complessità e al comportamento umano per creare un sistema legale più giusto, equo ed efficace.

Intervento di Alessandro CERBONI – Vice Presidente di Assocompliance e partner Studio Legale Cappello di Roma

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