Solo 3 regioni garantiscono l' aborto farmacologico in consultorio in Italia
La situazione non è buona. L' aborto farmacologico considerato sicuro e efficace dall' OMS, avviene attraverso l' assunzione di due farmaci a 48 ore di distanza l' uno dall' altro, prima il mifepristine e poi il misoprostolo che provoca l' espulsione del prodotto della gravidanza. Eppure le organizzazioni antiabortiste continuano a negarlo, spesso diffondendo informazioni mediche errate e non accurate. Per capire come è l' attuale quadro in Italia L' Associazione Medici del Mondo ha realizzato un rapporto dal titolo " Aborto farmacologico in Italia, tra ritardi, opposizioni e linee guida internazionali", a cura della giornalista Claudia Torrisi. Un pese che procede in ordine sparso con enormi differenze territoriali, alcune buone prassi e diverse scelte locali che sembrano dettate da motivazioni politiche o ideologiche che da evidenze scientifiche. Le tante lacune sono state supportate da reti di supporto dal basso.
Dalla ricerca emerge come le regioni Italiane non si siano ancora adeguate alle linee d' indirizzo del Ministero che tra l' altro, sono già datate rispetto alle nuove direttive dell' OMS. L' aborto in consultorio oggi è possibile solo in Toscana, Lazio e Emilia Romagna. Eppure anche in Emilia Romagna questo avviene solo in alcune città come Bologna. Il Lazio sembra la regione più virtuosa dato che oltre a garantire la RU486 nei consultori, permette anche di assumere il secondo farmaco a casa come da indicazione OMS.
Ci sono però Regioni come la Sicilia dove la pillola abortiva è disponibile solo in ospedale e in alcune città nemmeno lì, oppure il Piemonte dove la politica ostacola espressivamente l' aborto farmacologico e le relative linee guida. Questo fa sì che le donne che vogliono interrompere la gravidanza in Italia siano spesso costrette a spostarsi da una regione all' altra con i problemi che questo comporta a livello di spese di trasporto, organizzazione e tempi di attesa.
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