La generazione Z e TikTok hanno capito che bisogna dire basta alla narrazione tossica del femminicidio
Il femminicidio di Giulia Cecchetin ha dimostrato quanto sia fragile ancora una volta, maneggiare e utilizzarle in maniera distorta per raccontare un delitto di questo genere. Chi ha sfogliato il giornale, o visto un servizio in televisione non ha potuto fare a meno di vedere la dicitura bravo ragazzo affiancata al nome di Filipppo Turetta, l' assassino, oppure spiegare come il suo gesto come disperato e dettato dall' impossibilità di accettare la fine di una relazione. Oppure durante i primi giorni della fuga il tentativo di romanticizzare questa fuga prima che si trovasse il corpo inerme della ragazza. Cecchetin insieme al suo carnefice, con lo sguardo felice e innamorata, mentre Turetta da solo con gli amici, in situazioni che costruivano una realtà di pacatezza e l' impossibilità di poter fare del male anche una mosca o descrivere giusto il comportamento usato dicendo che era il grande amore che provava per l' ex-ragazza, cosa spesso sottolineata quando si descrivono questi omicidi.
Tutti elementi che comprovano che siamo di fronte a uno mostro a un pazzo e squilibrato. Come è stato ricordato anche dalla sorella di Giulia, Turetta non è questo elemento, è l' ennesimo esempio di una società governata dal maschilismo e da una sistema di sopraffazione patriarcale che esige che la donna venga considerata al pari di un oggetto, di un possesso una proprietà.
A ricordarlo sono le donne uccise dall'inizio dell' anno sono 105, concetti che tranne su rari casi di media tradizionali, fanno eccezione i social media che invece danno orami per assodati. Non è un caso che è stato un bravo ragazzo, c'è l'ho aspettavamo tutte siano partiti da lì, come i versi della poetessa e attivista peruviana Cristiana Torre Càceres, Se domani non torno bruciate tutto. Gli utenti social soprattutto le donne sembrano volersi liberare dalla stereotipata descrizione del femminicidio e mandare un grido d' aiuto affinché si inneschi finalmente un cambiamento radicale che punti sull' educazione affettiva e sul femminismo. Anche se molti ragazzi, respingendo lo slogan del non tutti gli uomini, e spiegando perché, loro devo essere parte attiva del cambiamento e lottare per una piena parità.
Però se certi concetti sembrano assodati, innescano un grande ondata di solidarietà spingendo molte donne a raccontare abusi sessuali e psicologici subiti dai propri compagni, non sembrano essere compresi pienamente. Scorrendo i vari feed si nota una sorta di circuito cognitivo, per cui si condividono le storie e post, ma senza approfondire quanto accaduto. Ripetere all' infinito certe frasi e certi slogan senza andare a fondo del problema, va bene la battaglia dovrebbe unire tutta la società civile. Per quello che sta accadendo in questi giorni non sia solo clamore mediatico e indignazione, utilizziamo i social per far fronte comune e unirci con l' obbiettivo che il prossimo caso non sia solo femminicidio.
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