Le donne dimenticate. Incubo in Afghanistan a quattro anni dal ritorno dei Talebani
Solo quattro anni fa in Afghanistan, una donna poteva decidere di candidarsi alla presidenza, fare sport o frequentare l' università. Oggi, nulla di tutto questo è possibile. Con il ritorno al potere dei Talebani, il 15 agosto del 2021; hanno già smantellato le fragilissime e scarsissime libertà conquistate dalle donne nel Paese: anche prima dell' avvento dei Talebani, sotto la Repubblica Islamica l' Afghanistan si collocava fra gli ultimi posti al mondo per la parità di genere, anche se si era registrato un timido progresso per quanto riguarda, i diritti delle donne.
Oggi, secondo il Gender Inequality Index, un indice per la misurazione della disparità di genere, istituito dal Programma delle Nazioni Unite (UNDP). Si è scoperto che l' Afghanistan presenta il terzo divario di genere più grande al mondo, dopo lo Yemen (al primo posto) e la Nigeria, in materia di salute, istruzione, inclusione finanziaria e processo decisionale. Nel giugno del 2025, in un rapporto dettagliato, il Relatore Generale delle Nazioni Unite, Richard Bennett, ha scritto che i Talebani da quando sono saliti al potere, " hanno smantellato le leggi esistenti e rimodellato le istituzioni per servire il loro modello di governance, basata su una visione misogina e discriminatoria. Secondo, Bennett, "questo ha portato al fatto che le donne sono escluse dalla vita pubblica, private dei loro diritti più basilari come: l' istruzione, il lavoro e la libertà di movimento."
Una situazione drammatica rappresentata anche da un altro rapporto, quello stilato da UN Women, l' Agenzia delle Nazioni Unite per la parità di genere e l' empowerment femminile, lo scorso 11 agosto. Nel documento, è stato scritto che, " i talebani sono sempre più vicini a realizzare la loro visione di società che cancelli completamente le donne nella vita pubblica". Dal 2021 sono stati emanati almeno, 100 editti che limitano il modo in cui, le donne e le ragazze si muovono nella società. "Dalla sua salita al potere il Governo, non ha fatto altro che creare una miriade di divieti per regolare la vita pubblica, ma di fatto, quasi tutti di questi, colpiscono esclusivamente le donne. Si tratta, di fatto di una "apartheid di genere", afferma Simona Lanzoni vice presidente di Fondazione Pangea, un' organizzazione no profit che di fatto lavora in Afghanistan dal 2002 per aumentare, attraverso dei progetti, l' empowerment femminile, la ricorsa al microcredito, di scolarizzazione e di educazione finanziaria, di fatto rivolti alle donne. L' ultimo provvedimento emanato dai Talebani è stato quello di murare le finestre che si affacciano sulla cucina del vicino, su un cortile o su altri spazi, dove c'è la possibilità di guardare una donna intenta a fare delle mansioni".
Secondo il rapporto di UN Women il 78% delle donne afghane non lavora, non studia e non segue corsi di formazione. Le donne rappresentano circa, il 49% dell' intera popolazione afghana, circa 44 milioni di persone non contribuisce all' economia del Paese. Un problema grave in un Paese che è stato fortemente colpito dalle sanzioni economiche e più recentemente dalla grave siccità; causata da shock termici, ma anche dai mancati investimenti sulle infrastrutture idriche, che sta provocando, una grave crisi umanitaria. Secondo, l' organizzazione no- profit Mercy Corps, la capitale Kabul potrebbe rimanere senz' acqua entro il 2030.
"Ciò che sta accadendo in Afghanistan oggi, non è solo violazione dei diritti, ma si tratta di un vero e proprio "apartheid di genere", perché le donne dal 2021 ad oggi, hanno perso qualsiasi diritto.
E se negli ultimi tempi a Kabul, si è vista qualche donna girare per le strade senza velo o a passeggio per qualche centro commerciale, è perché i Talebani vogliono farsi propaganda all' interno della comunità internazionale. Kabul, diventa così, una vetrina per impressionare le democrazie occidentali e per dare un segnale di perseveranza nel rispetto dei diritti umani nel Paese.
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