LE SVALBARD, LA DECARBONIZZAZIONE E LE AZIONI RUSSE
Fonte: L'Opinione.it
Le isole Svalbard, ubicate nella parte più settentrionale della Norvegia e tra le zone geografiche abitate più a nord del pianeta, puntano a rivedere il proprio modello economico a causa dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento. La fine dell’epopea mineraria e dell’estrazione del carbone è vicina e il Regno sta puntando a ricostruire il paesaggio naturale caratteristico del luogo, ripristinando le peculiarità geografiche precedenti alle attività industriali minerarie. L’estrazione del carbone nelle Svalbard si può far risalire al XVII secolo, quando i balenieri, le prime comunità di pescatori e i primi esploratori scoprirono i depositi naturali. Le attività minerarie e commerciali si sono svolte nel corso dell’intero Novecento, e una parte significativa delle miniere è stata chiusa nel 2000. Oggi è attiva solo una miniera russa a Barentsburg e la miniera di Longyearbyen.
Fino al 2015 non si sono mai svolte analisi serie e campagne di monitoraggio certosine sullo stato dell’inquinamento e sulle condizioni ambientali attorno alle aree di estrazione del carbone. Ma gli ultimi dati, elaborati da autorevoli enti scientifici norvegesi, hanno allarmato ambientalisti e le autorità del Regno. Il Paese ha deciso di chiudere tutte le miniere di carbone gestite dal governo e, secondo lo Svalbard environmental protection act, i siti utilizzati per scopi industriali saranno riportati al loro stato originale. Ciò ha consentito un duro lavoro di mappatura e un processo di mitigazione dell’inquinamento nelle miniere, scrivendo un nuovo futuro sostenibile per questo delicatissimo sistema ambientale. Le ultime ricerche condotte hanno dimostrato che circa il 25 per cento dei campioni presenta concentrazioni elevate di benzene, mercurio e idrocarburi policiclici aromatici. In quest’area le potenziali fonti di inquinamento includono un impianto di lavorazione di setacciatura, discariche, cisterne di carburante, separatori di olio, officine, depositi di veicoli e attrezzature, scarico di liquami e smaltimento di rifiuti.
Le autorità della Norvegia stanno spingendo la Comunità internazionale a dedicare attenzione al delicato equilibrio delle Svalbard, cercando di esercitare una pressione indiretta anche nei confronti delle attività minerarie della Russia presenti sul territorio. Mosca continua a voler dimostrare il suo dominio sull’arcipelago artico che, secondo il diritto internazionale, è soggetto all’assoluta sovranità della Norvegia. Lo scontro geopolitico in atto tra Russia e Occidente ha innescato una serie di segnali di una potenziale tensione crescente, anche nell’arcipelago del Regno. Con la scusa delle miniere di carbone, il Cremlino continua a mantenere una presenza di diverse centinaia di cittadini e varie attività economiche. Le rivendicazioni e le azioni di Mosca nella regione, come la comparsa di bandiere russe e dell’Unione sovietica nelle cittadine russe di Piramida e Barentsburg, non consentono alla Norvegia e alla Comunità internazionale di implementare i nuovi processi economici sostenibili e rilanciare definitivamente il turismo.
Peraltro il turismo è diventato, insieme alla ricerca scientifica, uno dei principali pilastri e “datori” di lavoro dell’economia locale. Nelle Svalbard, dove il 65 per cento del territorio è protetto, i quasi 150mila visitatori annuali devono attenersi a regole ferree, imparando a conoscere e tutelare la fauna selvatica, gli orsi polari e la vegetazione.
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