In Sicilia è nato il più grande impianto per lo stoccaggio dell' anidride carbonica in mare

 



Ad Augusta in provincia di Sicilia è stato inaugurato il più grande impianto per lo stoccaggio dell' anidride carbonica in mare. Il progetto avviato dalla start-up italiana Limenet, promette di catturare e straformare fino a ottocento tonnellate di anidride carbonica all' anno, una capacità notevole se confrontata con l' impianto pilota in la Spezia, che poteva gestire cento volte di meno. Alla base di questa apparente rivoluzione vi è una tecnica relativamente semplice, l' anidride carbonica viene fatta reagire con l' acqua per essere convertita in bicarbonato di calcio. Il prodotto finale che è allo stato solido viene poi immagazzinato  permanentemente negli oceani, riducendo potenzialmente la concentrazione di carbonio nell' atmosfera, e come effetto secondario, aiutano a combattere l' acidificazione marina, una delle principali conseguenze del riscaldamento globale. Il processo è quindi ispirato e guidato da fenomeni naturali, il che lo rende particolarmente interessante nell' della geoingegneria sostenibile. 

La tecnologia punta alla rimozione dell' anidride carbonica dall' atmosfera per sopperire a valle all' eccessiva emissioni del comparto industriale. Stoccando il carbonio negli oceani sotto forma di bicarbonato, la tecnologia ha il potenziale per essere il tassello importante nella lotta globale alla crisi climatica. Le capacità di assorbimento del carbonio di queste tecniche, se ampliate su vasta scala potrebbero aiutare a compensare le emissioni residue di settori difficili come l' industria pesante e l' aviazione. L' idea di trasformare il anidride carbonica in un prodotto stabile, che possa essere stoccato senza danni all' ambiente rappresenta una svolta rispetto ad altre strategie di sequestro del carbonio, che solitamente implicano processi molto più complessi. Tuttavia, nonostante le entusiaste dichiarazioni, le criticità non mancano, l' interrogativo che alleggia dietro questa ed altre soluzioni simili riguardano il loro impatto sulle strategie globali di decarbonizzazione. Ad esempio è già stata avanzata la possibilità che tecniche di sequestro dell' anidride carbonica possano essere utilizzate come alibi per prolungare la dipendenza dai combustibili fossili. In effetti c'è il grande rischio concreto che le grandi aziende energetiche vedano questi impianto come una scappatoia per continuare estrarre e bruciare petrolio, gas e carbone, con la giustificazione che grazie a queste nuove tecnologie, le emissioni di anidride carbonica potranno essere ripulite in un secondo momento. In questo scenario anziché accelerare la transizione energetica verso le rinnovabili, l' industria potrebbe rallentare gli sforzi globali verso la decarbonizzazione. Senza contare che la maggior parte delle tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio si è rilevata molto meno efficace di quanto assicuravano le multinazionali. 

Inoltre, rimane da chiarire quanto la tecnologia possa essere stabile e sostenibile a lungo tempo. Sebbene Limenet abbai fatto un passo in avanti significativo, l'impianto di Augusta gestisce comunque solo una minima frazione delle emissioni globali di anidride carbonica. Almeno per il momento le ottocento tonnellate di anidride carbonica catturate ogni anno rappresentano infatti ancora un contributo minimo. Da un lato è ingannevole che lo stoccaggio del carbonio possa avere un ruolo importante nel mitigare i danni già accusati dall' eccesso di gas serra nell' atmosfera. Dall' altro bisogna evitare che le tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio diventino una scusa per continuare a rimandare un necessario abbandono dai combustili fossili. Insomma lo stoccaggio in mare rappresenta un traguardo senza dubbio tecnologico e scientifico di grande rilievo, non sarà uno strumento completamente alla riduzione delle emissioni o diventerà un pretesto per perpetuare il modello di crescita basato sulle fonti fossili. 

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