Il possibile ritorno della pubblicità sessista: un passo indietro senza precedenti

 



La proposta di eliminare di affiggere cartelloni sessisti o discriminatori, in vigore dal 2021, fa precipitare il nostro paese indietro di decenni. 

Fino a pochi anni fa, c'era un Italia tra cui il corpo delle donne era esibito a ogni ora del giorno e ogni spazio pubblico. Bastava accendere la televisione all' ora di cena per vedere donne in perizoma consegnare premi a partecipanti estasiati. Bastava andare in edicola per vedere donne in topless sulle copertine delle principali riviste italiane, a prescindere dal contenuto dell' articolo. Bastava uscire di casa per vedere i cartelloni dei negozi di ferramenta, autolavaggi, ristoranti che pubblicizzavano i propri prodotti o servizi con donne in costume da bagno, o del tutto nude con battute che ammiccavano al sesso. Quell' Italia non c'è più, non perché i tempi siano cambiati, ma perché c'è stata la volontà politica di cambiarli: Nel 2021 è stato introdotto un divieto di affiggere messaggi sessisti, omofobi o lesivi della dignità delle persone su strada, veicoli e mezzi pubblici. Oggi però si rischia di tornare indietro nel tempo, perché il senatore di Fratelli d' Italia Lucio Malan ha proposto di eliminare questo divieto

Pubblicità sessiste pretesto per abolirne  il divieto 

La stretta sui cartelloni era stata introdotta quattro anni fa con un emendamento al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, proposto da due deputati del PD e di Italia Viva, e riguardava sia le rappresentazioni sessiste, che contenuti discriminatori di varia natura, come quelli legati all' orientamento sessuale o all' etnia. Negli anni la norma sulle affissioni non ha bloccato solo immagini degradanti di donne, ma anche cartelloni di natura politica, come quelli dell' associazione antiabortista pro-vita e famiglia. Per questo motivo Malan molto vicino all' organizzazione, vuole abolire il divieto: già nel 2021 lo avevano definito "una norma ideologica, volta a limitare la libertà di espressione". 

Sacrificare la dignità delle donne 

Eliminare il divieto in nome della "libertà di espressione" significa però tornare ad autorizzare le pubblicità più sessiste e becere che per anni hanno occupato gli spazi delle nostre città. Ed è curioso che proprio chi si erge a paladino della dignità delle donne contro minacce inesistenti come "il gender" e "l' ideologia trans" sia disposto a sacrificarla, rispristinando una delle norme più palesi e incontestabili di misoginia pubblica solo per avanzare i propri interessi ideologici. E' dal 1987 quando il sociologo inglese Erving Goffman pubblicò il famoso libro Gender of Advertisements, che si discute dell' oggettivazione delle donne nella pubblicità e si analizza il suo aspetto nella realtà. Vietare le pubblicità sessiste non è solo una questione morale: è oramai, dimostrato che hanno un' impatto negativo sull' auto-percezione del proprio corpo e che sono associate a una maggiore accettazione e normalizzazione della violenza sessuale


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