Chi sono i super-riconoscitori e come fanno a ricordare le facce di tutti?
Uno studio pubblicato su Proceeding of The Royal Society B: Biological Science, ne ha indagato la capacità per capire se il loro sia un dono innato o apprendibile, e quali siano i loro segreti della tecnica di riconoscimento.
Lo Studio
I ricercatori hanno utilizzato una tecnologia di tracciamento oculare per misurare in che punti e per quanto tempo i 37 super-riconoscitori guardassero delle foto di volti di persone su uno schermo. Hanno poi confrontato i risultati ottenuti con quelli di 68 normali persone di riconoscimento facciale, per poi dare in pasto tutte le informazioni raccolte a nove reti neutrali artificiali già addestrate a riconoscere volti umani.
Quindi i ricercatori hanno chiesto all' intelligenza artificiale di portare a termine lo stesso compito dei partecipanti umani, ovvero decidere se due volti appartenessero o meno alla stessa persona. Dai test è emerso che le reti neurali artificiali allenate sui dati raccolti dai super-riconoscitori erano molto più precise nel riconoscere i volti rispetto a quelle allenate sui dati raccolti delle persone con abilità normali.
I punti giusti
Ma come fanno i super-riconoscitori a essere così precisi nel distinguere i dettagli dei volti di persone sconosciute? Non guardano semplicemente con più attenzione, ma in modo più intelligente. Scelgono le parti più utili di un volto da osservare, spiega James Dunn, coordinatore dello studio. Non si tratta dunque di catturare il maggior numero di dettagli, ma di selezionare quelli più utili da ricordare.
Super-riconoscitori vs intelligenza artificiale
In un ipotetica gara tra super-riconoscitori e intelligenza artificiale chi vincerebbe? In situazioni di condizioni ideali luce (distanze fisse, immagini di alta qualità come al controllo di passaporti in aeroporto) l'intelligenza artificiale è superiore agli esseri umani, ma in condizioni più reali i super-riconoscitori possono fare meglio, specie se si tratta di riconoscere persone conosciute, perché noi esseri umani possiamo aggiungere ai dati visivi il contesto ( un neo sul volto della mamma, un sopracciglio tagliato tipico del fratello).
Il nostro studio conclude Dunn, dimostra che la capacità di riconoscere i volti non riguarda solo ciò che accade nel cervello in un secondo momento: tutto inizia da come guardiamo. Il modo in cui esploriamo un volto determina ciò che impariamo su di esso.
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