Dazi USA-Messico al 30% dal 1° agosto: cosa rischiano i consumatori americani?
Con le politiche economiche di Donald Trump, i dazi sono diventati uno strumento di azione geopolitica e di confronto di forza nei rapporti tra le entità statuali e commerciali in tutto il globo.
Se i dazi del 30% annunciati dal presidente Donald Trump contro le importazioni dal Messico dovessero entrare in vigore il 1° agosto 2025, le conseguenze economiche per il Messico sarebbero gravi e immediate, ma ci sarebbero importanti ripercussioni negative anche per gli Stati Uniti e l’intera regione nordamericana.
Cosa rischia il Messico
Il Messico esporta oltre l’80% dei suoi beni verso gli Stati Uniti, principalmente nei settori manifatturiero, agroalimentare e automobilistico. Secondo Oxford Economics, l’imposizione di dazi superiori al 25% potrebbe spingere il Paese in recessione già dal quarto trimestre del 2025, con un aumento dell’inflazione fino al 6% e una pressione sulla banca centrale per alzare i tassi di interesse.
La grande realtà finanziaria S&P Global stima che la crescita del PIL reale per il 2026 rimarrebbe stagnante, con un aumento della disoccupazione e una riduzione degli investimenti privati. Il governo messicano ha già annunciato delle misure di ritorsione, tra cui i dazi sulle importazioni statunitensi, il ritiro da alcuni programmi di sicurezza e un ricorso formale all’Organizzazione Mondiale del Commercio.
Le prospettive per gli Stati Uniti
Nel contesto nordamericano la filiera dell’ automotive potrebbe subire importanti perdite e metamorfosi. Le catene di fornitura transfrontaliere, fondamentali per l’industria automobilistica, sarebbero gravemente interrotte e, secondo il Brookings Institution, la perdita di posti di lavoro in Messico potrebbe superare i 2,2 milioni di persone.
Le esportazioni messicane di apparecchiature elettriche ed elettroniche, concentrate in Baja California, Chihuahua e Nuevo León, rappresentano una parte significativa delle esportazioni verso gli Stati Uniti.
L’imposizione dei dazi metterebbe a rischio migliaia di posti di lavoro e potrebbe aumentare i prezzi per i consumatori statunitensi.
I dazi USA sui prodotti agricoli messicani
Anche il settore agroalimentare vivrebbe ulteriori scosse commerciali in quanto i dazi sul settore agroalimentare, come quelli recentemente imposti sui pomodori messicani, potrebbero portare a un aumento dei prezzi per i consumatori statunitensi e a una diminuzione della domanda.
Il Messico fornisce circa il 70% dei pomodori consumati negli Stati Uniti, incluse molte tipologie di pomodori speciali come quelli a grappolo o ciliegino.
I dazi potrebbero ridurre la disponibilità di queste varietà, costringendo i consumatori a scegliere tra opzioni meno desiderabili e potenzialmente meno saporite. I ristoranti che utilizzano grandi quantità di pomodori potrebbero dover aumentare i prezzi dei menu o modificare le ricette per compensare i costi più elevati.
Il down del PIL statunitense con dazi oltre il 25%
Ma se Atene piange Sparta non ride. Difatti, secondo il Brookings Institution, i dazi superiori al 25% su Canada e Messico avrebbero un impatto devastante anche sull’economia americana, perché ridurrebbero la crescita del PIL statunitense di circa 0,25 punti percentuali, con una perdita di oltre 400.000 posti di lavoro in caso di importanti ritorsioni. Inoltre, l’aumento dei prezzi dei beni importati, come i pomodori, potrebbe portare a un incremento dei costi per i consumatori.
L’imposizione dei dazi minaccia l’integrità dell’Accordo USA-Messico-Canada (USMCA), mettendo a rischio decenni di integrazione economica nordamericana. Il Messico potrebbe cercare di diversificare le sue relazioni commerciali, rafforzando i legami con l’Unione europea, l’Asia-Pacifico e altri partner economici.
In questi giorni si analizzano dati e prospettive ma la situazione resta fluida. Orami il presidente Trump ci ha abituati ad aspettare. Difatti le prime indiscrezioni, dopo l’incontro con il Ministro degli Esteri Antonio Tajani, rivelano la disponibilità del tycoon a trovare “Certamente un accordo con l’Ue”.
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