Cacao, ambiente e comunità nella Repubblica Dominicana
Il cacao coltivato nella Repubblica Dominicana emerge come un esempio di trasformazione che va ben oltre la semplice produzione agroalimentare.
Questo paese caraibico non si limita più a essere un fornitore di massa, ma sta costruendo attivamente una filiera di eccellenza in cui qualità, tracciabilità, tutela ambientale e coinvolgimento comunitario diventano pilastri fondamentali.
Il dossier Focus Sectorial della Camera di Commercio Dominico‑Italiana (CCDI) del novembre 2025 sottolinea come la Repubblica Dominicana punti a integrare agricoltura, industria e commercio in un sistema virtuoso, favorendo non solo i volumi ma soprattutto la qualità e la sostenibilità delle produzioni.Al cuore di questo percorso si colloca il progetto Cacao Forest, coordinato dall’ONG Earthworm Foundation insieme all’ente di ricerca francese CIRAD e con il supporto dell’Agence Française de Développement (AFD).
L’iniziativa messa in campo dal 2015 ha coinvolto oltre 1.900 agricoltori tramite cooperative come CONACADO, COOPROAGRO e FUNDOPO, lavorando su modelli sperimentali di agro‑forestazione che combinano alberi da cacao con altre specie arboree e colture associate.
Le loro ricerche hanno dimostrato che l’agro‑forestazione consente di aumentare i redditi per ettaro fino a oltre 7.000 dollari in alcune condizioni, migliorare la biodiversità e diversificare le fonti di reddito rurali.
Un elemento chiave del progetto è la comunicazione ambientale.
Il team di Cacao Forest ha infatti sviluppato una strategia comunicativa rivolta sia al pubblico internazionale sia alle comunità locali, con newsletter bimestrali, articoli, video e materiali formativi che raccontano i progressi e i valori alla base della filiera del cacao sostenibile. In questo modo, l’obiettivo non è solo quello di generare risultati agronomici, ma anche di costruire consapevolezza: i consumatori europei sono invitati ad andare oltre il gusto o la varietà del cacao, per conoscere anche l’impatto ambientale, sociale e culturale della sua produzione.
Il cacao in questo quadro diventa un ponte tra “terra” e mercato globale, tra piccoli agricoltori e consumatori responsabili. La comunicazione assume così una funzione strategica: rendere visibili pratiche agricole rigenerative, governance partecipata, sistemi di tracciabilità e rispetto degli ecosistemi significa trasformare ogni chicco in un messaggio di valore.
È proprio attraverso questo racconto che la filiera acquista trasparenza e credibilità. Per esempio, Cacao Forest ha avviato il programma PRACAO rivolto a 72.000 ettari di piantagioni dominicane da riabilitare secondo modelli agroforestali validati.
Inoltre, la cooperativa CONACADO, partner del progetto, ha ottenuto numerose certificazioni (Rainforest Alliance, UTZ, Fairtrade, USDA Organic, UE) e mappa le proprie piantagioni per dimostrare che la produzione non avviene in aree protette o a rischio deforestazione.
Sono questi i segnali che stanno rafforzando il legame tra produttori dominicani, istituzioni e partner internazionali: si configura un’alleanza tra pari in cui imprese, comunità contadine e centri di ricerca collaborano per costruire sistemi resilienti, trasparenti e rigenerativi.
Non meno importante è il coinvolgimento della dimensione locale e comunitaria: aziende agricole come Zorzal Cacao – pur non sempre citate nei dati ufficiali – rappresentano modelli virtuosi dove fino al 70% del terreno è destinato a riserva naturale, e i contadini sono formati, remunerati e integrati nella catena del valore.
In queste realtà, la promozione del cacao va di pari passo con la tutela dei boschi, l’agro‑diversificazione e la narrazione dell’origine. Per il consumatore europeo, che sceglie un cacao dominicano sostenibile, la scelta assume un significato più ampio. Un atto consapevole di partecipazione a un modello di sviluppo che coniuga ambiente, economia e comunità.
In questo racconto, la comunicazione ambientale assume un ruolo centrale: ogni chicco non è solo gusto, ma storia, politica, innovazione e futuro.

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