“No buy Year”, l' opposizione alla moda usa e getta prova a diventare di tendenza

 


L' espressione “must have” è una forma linguistica importata dal mondo anglosassone che letteralmente indica “cosa che devi avere”. Un modo di dire e di scrivere che da anni viene utilizzato dalle riviste di moda e creare continuamente oggetti del desiderio e spingere all' acquisto. Una leva psicologica che esiste da tempo, ma che continua a far presa. Nel famigerato mondo della moda esistono must have di stagione, ovvero oggetti che tra le novità proposte ogni sei mesi, sono decretati come i pezzi forte e per come vengono spinti e impacchettati a opera d' arte, finiamo per vederli addosso a tutti. Esistono poi quei must have intramontabili, quei capisaldi del guardaroba, che non passano mai di moda, e sono chic in ogni stagione. Capi-cuscinetto quelli che vai sul sicuro, e con i quali ci si può sentire a proprio agio. Il dubbio è lecito, la risposta è spontanea, non esistono must have oggettivi, esistono capi che hanno fatto la storia del costume, ma che necessariamente devono trovare poso nell' armadio di chiunque.

Nonostante si sprechino discorsi sulla necessità di avere un approccio più consapevoli ai consumi, questa forma linguistica continua a persistere e incalzare, anche quando si parla di prodotti sostenibili. Purtroppo anche la comunicazione della moda sostenibile non riesce a fare a meno di segnare must have “cose che devi avere”, alimentando lo stesso circolo vizioso fatto comunque di acquisti. I tempi cambiano, le tecnologie evolvono, si aggiungono aggettivi verdi alle frasi, ma le leve che si vanno a toccare sono sempre le stesse. Dal dover essere fighi dalla moda per forza, al senso di inadeguatezza delle persone, passando per una finta omologazione per risvegliare un senso di appartenenza apparente. La comunicazione purtroppo non è cambiata anzi, è diventata sempre più martellante, costante con un linguaggio subdolo al quale siamo talmente assuefatti da non rendercene nemmeno conto.

No buy year, un anno senza acquisti

In controtendenza, con chi spinge comunque a comprare, da anni ormai ci sono reti sfide ricorrenti che invitano a disintossicarsi dai consumi superflui per periodi variabili da 30 a novanta giorni. Ultimamente la questione ha preso una deriva decisamente più ampia 365 giorni senza acquisti. Attualmente il consumo umano supera la capacità di rigenerazione dell' economia terrestre del 74 percento ogni anno, pari alla domanda di 1,75 pianeti. Lo stile di vita consumistico è visto ancora come un sistema di benessere e qualcosa a cui aspirare, nonostante ci siano prove evidenti di come questo modello sia stato in realtà un fallimento totale.

E c'è chi grazie a questa iniziativa di limitare gli acquisti di beni non essenziali per una anno intero, lo sta già facendo nel proprio piccolo e nella propria quotidianità, apportando minimi cambiamenti che non sono altro che una lenta decrescita messa in pratica. In no buy year significa impegnarsi in un cambiamento di mentalità e in un ripristino generale del modo in cui pensiamo al consumo e allo shopping.

Ma anche ad imparare a gestire meglio le proprie finanze, il proprio tempo e trovare la felicità in cose che molto spesso non sono cose. E che soprattutto non dovrebbero essere cose che portano distruzione e rovina al mondo circostante.


Commenti

Post popolari in questo blog

La rettocolite ulcerosa: cos'è? La testimonianza di Giorgia Cirulli

Tayla Clement: la ragazza che non può sorridere

Violenza o informazione?