Le donne in Italia guadagnano solo il 58 percento dello stipendio degli uomini

 


I soldi non fanno la felicità ma danno la libertà, che dovrebbe essere condizioni imprescindibile per costruire modelli sociali equi. In Italia la parità salariale è ancora un miraggio e a parlare sono i dati, che si vengono in fondo alle classifiche europee. Secondo il rapporto "Education at a glance" appena uscito condiviso sul sito dell' ASviS, l' Alleanza per lo Sviluppo Sostenibile, In Italia le donne laureate guadagnano soli il 58 percento dello stipendio degli uomini, una disparità particolarmente significativa se confrontata con la media degli altri paesi dove le donne percepiscono in media il 17 percento in meno rispetto agli uomini. Sulla differenza di genere nessun altro paese evidenzia un divario così marcato, segno che in Italia le disuguaglianze sono molto radicate, a partire dal livello di occupazione. 

Nell' indice di parità dell' Unione Europea permangono 18 punti di distanza tra l' occupazione femminile e quella maschile, mentre nel resto d' Europa la differenza sta scendendo sotto i dieci punti. Un altro numero interessante da considerare riguarda le posizioni apicali: su 100 dirigenti, solo 21 sono donne. A Milano il dato è leggermente più alto sono 22, in una città dove le donne laureate sono 55,5 percento è costruito da donne. Ancora una volta le donne sono più preparate dei colleghi maschi hanno un livello di istruzione superiore ma in media guadagnano il 43 percento in meno dei colleghi maschi, considerando la quantità di part-time svolte dalle donne. Come emerso durante il Tempo delle donne, il festival organizzato ogni anno dal Corriere della Sera, paga oraria di una donna è più bassa del 115,4 percento rispetto a quella di un uomo nel settore privato, mentre il 4,7 percento nel settore pubblico. 

C' è poi il tema della precarietà dei contratti: alle donne spesso vengono proposti più spesso contratti a termine e part-time, ed è anche per questo con uno stipendio di base dipartenza più basso e formule lavorative meno stabili che con l' arrivo del primo figlio le donne rinunciano sempre più spesso al proprio stipendio per il compagno. Secondo L' Osservatorio dell' Empowerment delle donne presentato a Cernobbio, nel 2022 sono state oltre 44 mila madri italiane che hanno lasciato il lavoro, il 63 percento di loro a causa della difficoltà di riuscire a conciliare vita professionale e vita privata, contro il sette percento dei padri. Su questo punto si innesca la mancanza o in certi casi assenza totale, di welfare pubblico e aziendale. Persino lo smart-working può essere un' arma a doppio taglio: se in casa non c'è un' adeguata distribuzione del lavoro di cura, il momento di pausa tra un call e l' altra servirà per attaccare la lavatrice, stendere il bucato o preparare la cena. Sempre secondo i dati dell' Osservatorio emerge che una donna che vive in Spagna, Germania svolge in media 4,4 ore di lavoro di cura non retribuito al giorno, per un importo pari a una perdita di 500 mila euro durante la sua vita lavorativa. 

Le leggi non bastano occorre costruire le condizioni per rendere più semplice la vita delle donne lavoratrici in Italia e magari anche madri. Dunque più servizi, più sostegno economico, maggiore solidarietà tra i colleghi in ufficio, maggiore flessibilità. E per prima cosa coltivare la cultura del rispetto già dalle elementari. Non esistono lavori solo maschili o solo femminili, come non esistono matrie che i bambini possono capire e le bambine no o sport che le bambine possono praticare e i bambini no. Impariamo nel nostro piccolo a valorizzare le peculiarità dei ragazzi, ascoltando i loro interessi assecondando le loro inclinazioni, senza preclusioni. La cultura della parità è una conquista quotidiana che inizia dalle scuole e dalle famiglie. 




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