Soffri d' insonnia: forse il tuo cervello ha un ritmo circadiano sballato
L' insonnia cronica non ha effetti solo sul breve termine, ma può avere anche conseguenze serie anche sulla salute a lungo termine: ecco perché capirne la causa e cercare di combatterla è importante per vivere meglio e più sani.
Uno studio pubblicato su Sleep Medicine suggerisce che alla base delle notti in bianco potrebbe esserci un alterazione del ritmo circadiano del cervello, ovvero il suo orologio interno, che faticherebbe a spegnersi a quando arriverebbe il momento di dormire.
Vietato dormire
Gli studiosi hanno coinvolto 32 adulti tra i 65 e i 73 anni, metà con insonnia e metà con disturbi del sonno, e li hanno tenuti svegli a letto per 24 ore. Durante questo periodo i partecipanti hanno dovuto compilare ogni ora su un questionario sulla qualità dei loro pensieri (specificando se fossero per esempio, iperattivi, ripetitivi, chiari o confusi) e valutare la propria attività metacognitiva (ovvero il controllo che avevano sulla mente).
Impossibile spegnere il cervello
Dai risultati è emersa una chiara differenza tra chi soffriva d' insonnia e chi non aveva problemi a dormire bene. Nei soggetti insonni i pensieri restavano costantemente attivi e sotto controllo per tutte le ventiquattro ore, senza mai scivolare nello stato rilassamento e confusione tipico della notte, al contrario chi dormiva bene, mostrava pensieri più chiari durante il giorno e più ripetitivi e circolari durante la notte.
Anche il momento di massima lucidità mentale differiva tra i due gruppi: negli insonni, il picco si verificava circa sei e mezza più tardi rispetto al gruppo di controllo. Questo ritardo suggerisce un disallineamento nell' orologio interno del cervello, che spiegherebbe perché chi passa le notti in bianco rimane mentalmente attivo anche quando invece dovrebbe rilassarsi.
Non solo psicologia
Pur riconoscendo alcuni limiti al loro studio, come il campione ridotto di età avanzata dei partecipanti, gli autori affermano che l' insonnia non è solo un problema psicologico, ma ha anche una componente cronobiologica. Saperlo apre la strada a nuovi approcci terapeutici, che non si limitano all' uso di farmaci o alla modifica delle abitudini quotidiane ma mirino a ribilanciare i ritmi circadiani del cervello.
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